‘L’uomo, muovendosi verso se stesso, si muove anche verso l’altro, gli altri e tutta l’umanità, perché esso è fondamentalmente relazione (R. Assagioli)’
Ho sempre amato Roberto Assagioli che a mio parere, non ha avuto in Italia la risonanza che merita. Poco tempo fa, ho scoperto che ha a lungo soggiornato vicino all’albergo presso il quale alloggio quando mi trovo a Roma per lavoro e l’ho sentito ancora così vicino e presente, alcune sere ho avuto quasi l’impressione che fosse seduto al tavolo a cena con me. Uomo di grande cultura e spessore morale e spirituale. Al centro della sua ricerca la relazione e la volontà.
Della volontà vorrò occuparmi più avanti, oggi il mio focus va sulla relazione.
Una parola usata e oserei dire abusata. E proprio qui in questi giorni di vacanza in campeggio, nella micro-comunità occasionale che il campeggio al mare rende possibile, ho sentito di nuovo Assagioli vicino. L’uomo, scriveva Assagioli, muovendosi verso se stesso, si muove verso l’altro, gli altri e tutta l’umanità.
Muoversi verso se stessi è il viaggio di una vita, è lo spazio dell’incontro, è la sosta non giudicante di fronte alla quale si mostra il teatro delle nostre parti.
Ma è ancora possibile oggi l’incontro incondizionato?
Se lo vogliamo davvero sì, ma è allo stesso tempo sempre più sfuggente negli spazi ridotti che concediamo al silenzio e all’accoglienza. La relazione con se stessi e quindi con gli altri, fiorisce quando la fiducia, l’alleanza, un incrollabile senso di possibilità, la presenza concentrata e silenziosa e l’accoglienza non giudicante di tutto ciò che si presenta alla coscienza, trovano pieno diritto di cittadinanza.
La relazione trasforma soltanto quando esistono questi ingredienti fondamentali, dove oltre alla logica meramente scambiante della transazione (io do una cosa a te affinchè tu dia una cosa a me), alberga la generosità, il dono di sé, la voglia di esplorare, di incontrare se stessi e le altre persone.
Per generare valore è necessario tendere alla creazione del Noi che trascende le nostre individualità, per attingere ad un progetto di senso più grande.
La relazione generativa che trasforma è fondamentale in questo processo. Perché tutto questo accada occorre però avere fede cioè fiducia nell’orizzonte temporale di medio periodo, dove i semi piantati diventeranno rigogliose piante, dei cui frutti potremo godere.
Nell’orizzonte mercantile della mera transazione il tempo è ristretto e non vi sono le condizioni affinchè i semi germoglino e fruttifichino.
La mia maggiore sorgente di benessere nella vita estiva di campeggio è sempre stata proprio questa: il senso di comunità tra persone che condividono spazi e tempi, seppur limitati e che attraverso la relazione che trasforma, riescono a generare valore attraverso la condivisione di esperienze.
Negli ultimi anni, con un po’ di dispiacere, scopro invece che le persone faticano più di un tempo a muoversi verso se stesse e quindi a muoversi con fiducia verso gli altri, in una prospettiva di dono, di condivisione, di scoperta.
Forse sono troppo di fretta anche in vacanza? Forse si domandano cosa ci guadagno da questa relazione?
Probabilmente le mie sono solo riflessioni di mezza estate, ma di certo so che la strada verso la piena umanizzazione e verso il ‘benvivere’, passa attraverso la relazione che trasforma, ricca di fiducia e di generosità.
In ogni caso, credo che valga la pena di stimolare un pensiero critico su questo tema.
Buona Estate!