“Fatta salva qualche eccezione, come i recenti sviluppi della psicologia positiva, non è stato compiuto alcuno sforzo per lo sviluppo delle qualità mentali di individui che non soffrono di nessuna patologia”
(Ekman e Davidson)
Apro questo intervento con una citazione sui cosiddetti ‘sani’ nella piena consapevolezza di quanto sfuggente sia la definizione di persona ‘sana’ in questi tempi turbolenti e caratterizzati da velocità esponenziale. Di certo la sanità ha a che fare con l’equilibrio, con la ricerca di armonia, di senso, di serenità.
Che cos’è allora l’equilibrio? Si tratta del bilanciamento dei movimenti di espansione e di contrazione, un po’ come nella respirazione: inspiro ed espiro, se inspiro troppo a lungo non mi sento bene, se espiro troppo a lungo mi manca l’aria.
Si tratta del bilanciamento tra ‘stare’ e ‘fare’, tra ‘dare’ e ‘prendere’, tra ascoltare, cioè ricevere e parlare, cioè emettere. L’equilibrio ha a che fare con la consapevolezza e la gestione di questi movimenti.
Un tempo era più facile raggiungere l’equilibrio: i ritmi più lenti, più semplici, più conformi ai cicli della natura aiutavano le persone a trovare istintivamente un equilibrio fisico e mentale. Inoltre le persone vivevano nella dimensione corporea con intensità, percepivano davvero le sensazioni. I loro supporti erano le braccia, le gambe, le mani, i piedi, non avevano tecnologie che le potessero aiutare. Oggi è diverso: nessuna fatica muscolare, molteplici supporti tecnologici a nostra disposizione, ritmi concitati, distanza dalla natura, separazione dai suoi cicli.
Progressivamente l’essere umano riduce il suo livello di ascolto, di ricettività, di consapevolezza, sta troppo tempo in emissione e diminuisce così la padronanza di sé. Il lavoro più cerebrale che fisico è faticoso e comporta grande dispendio di energia nervosa, compare la ‘ruminazione mentale’, i pensieri disfunzionali, la confusione, la mancanza di senso cioè di direzione; le persone si sentono confuse e disorientate, stanche e spesso tristi.
In un contesto come quello odierno occorre perciò ‘il libretto di istruzioni’ per la mente, per il corpo e per lo spirito, perché l’essere umano viene al mondo senza libretto di istruzioni. Col tempo apprende a funzionare ma spesso in maniera disfunzionale ed energeticamente dispendiosa. Ecco allora che entrano in scena i moderni educatori, coloro che oggi si occupano dei ‘libretti di istruzioni’.
Il coaching rientra proprio in questa gamma di metodi educativi; si tratta di un approccio e di un insieme di strumenti maieutici di grande utilità per coloro che cercano un orientamento, l’armonia, un senso, maggiore serenità. E’ uno strumento per coloro, persone e organizzazioni, che cercano equilibrio e prosperità.
Il coach supporta i clienti a migliorare:
• la recettività, attraverso l’ascolto consapevole e l’accoglienza non giudicante
• la capacità di emissione, attraverso l’uso efficace del linguaggio e la capacità di fare domande di qualità
• la concentrazione
• la capacità di discriminazione
• la capacità decisionale
• la volontà
La volontà non è uno sforzo, non è tensione, è lo sbocciare del potenziale energetico presente nell’essere umano.
Il coach accompagna i clienti nella lettura e nel corretto utilizzo del ‘libretto di istruzioni’.
Ogni mattino un nuovo arrivo: gioia, scoraggiamento, malignità. Un attimo di consapevolezza giunge, ospite inatteso. Dài il benvenuto a tutto e a tutto estendi la tua premura. La condizione umana è una locanda. Tratta ogni ospite con il dovuto rispetto.
(Rumi)