Abbiamo chiesto alle persone di Generativa di contribuire, dalla loro prospettiva di osservazione, a descrivere il viaggio nella complessità, il ruolo odierno dei leader e il significato attribuito all’essere architetti di possibilità.
Ecco l’intervista con la nostra Emanuela Marconi, counselor professionale, coach in formazione, facilitatrice di apprendimento e digital advisor.
1. Cosa vuol dire per te essere architetto di possibilità?
Vuol dire supportare e promuovere progetti significativi.
Ho un’immagine che mi ispira: la figura della “guida” nel film Stalker di Tarkowskji . La guida accompagna chi lo desidera nella “Zona”, un territorio speciale, rischioso ma ricco di possibilità.
Accompagna perché è stato lì altre volte; non è un supereroe, né un guru, non sa prevedere esattamente cosa accadrà, ma sa riconoscere i segnali di allerta e conosce la direzione della “Casa”, il luogo del cambiamento possibile.
Non può sostituirsi ai suoi clienti nel loro personale tunnel di difficoltà, ma conosce il coraggio e le qualità che lo sostengono.
E sa che nella Zona solo ciò che profondamente si desidera si realizza.
2. Di quale tipo di leadership c’è bisogno in questo tempo?
Oggi valgono le qualità “tradizionali” del leader: avere una visione e saper ispirare. Quello che è cambiato è la serietà e la profondità del ruolo: non possiamo permetterci visioni miopi e ispirazioni mediocri.
In più, il leader è davvero potente se raccoglie quello che c’è nel campo e si fa tramite per portarlo avanti con successo.
Un’altra immagine: Freddie Mercury al Wembley Live Aid, che nel momento più ambito della sua carriera gira il microfono al pubblico – rinuncia ai virtuosismi della sua voce unica e in cambio realizza uno dei momenti più emozionanti, magici e memorabili della storia del rock.
3. Dal tuo osservatorio, di cosa hanno più bisogno le persone e le organizzazioni oggi?
Di ascolto e di fiducia. Di specchi che sappiano cogliere e rimandare le possibilità che sono presenti. Incontro ogni giorno persone e organizzazioni capaci, creative, competenti e orientate alla realizzazione di valore, che ho il privilegio grazie al mio lavoro di accompagnare nella realizzazione di progetti unici.
4. Come vuoi chiudere questo incontro?
Con una poesia, e naturalmente un po’ di rock’n’roll.
La nostra più grande paura
non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda
è di essere potenti oltre ogni limite.
È la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.
Ci domandiamo: chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?
In realtà chi sei tu per NON esserlo?
Siamo figli di Dio.
Il nostro giocare in piccolo
non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato
nello sminuire se stessi cosicché gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta
la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi:
in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza
automaticamente libera gli altri.
Freddie Mercury, Wembley Live Aid, 1986